L’adolescenza è un momento difficile, richiede il delicato passaggio dall’infanzia alla vita adulta (Barone, 2009). La spinta verso l’esterno porta a cercare sempre meno il supporto dei genitori e sempre di più quello del gruppo dei pari. Questo è mosso dalla ricerca di un’identità di gruppo che farà da base per lo sviluppo di un’identità personale.
La società liquida (Bauman, 2003) dei social media in cui viviamo ha cambiato il modo in cui avviene questo passaggio. La tecnologia evolve a un ritmo frenetico al quale i genitori spesso faticano o non riescono a stare appresso mentre ai ragazzi viene naturale. Qui si evidenzia lo spartiacque tra immigrati digitali e nativi digitali ovvero coloro nati prima o durante l’era dei social media.
Cosa succede però se i genitori non essendo al passo con la tecnologia non riescono a rispondere alle domande del loro bambino?
Il bambino posto anzitempo di fronte alla fallibilità del genitore reagisce cercando e spesso trovando da solo le risposte. Presto diventa più abile del genitore al punto da essere lui a spiegare come usare app o altre funzioni di smartphone e portatili.
Questa inversione dell’asse della trasmissione del sapere intergenerazionale porta alla squalifica del genitore interiore e ad un assunzione di un ruolo di adultino saltando di fatto una fase della crescita.
Il ruolo dei genitori è quello di favorire l’esplorazione e al contempo essere una base sicura (Bowlby, 1989). Nella società liquida, i social hanno sostituito in gran parte i luoghi di incontro. I più utilizzati sono Tiktok, WhatsApp, Instagram e YouTube. Questa nuova socialità può essere difficile da comprendere per il genitore e portare ad atteggiamenti castranti.
È importante invece capire che uso fanno i ragazzi di internet per capire se effettivamente ci sia un problema. Bisogna domandarsi se la vita online stia diventando l’unica accettata dall’adolescente o se invece sostiene i compiti evolutivi di questa fase aiutandolo a crearsi un gruppo di amici e una propria identità per avviarsi verso il proprio percorso di soggettivazione (Cahn 1998; 2010).
Nel primo caso recenti studi internazionali hanno mostrato come la dipendenza da Internet in adolescenza sia correlata a problemi psicologici come depressione, ansia, ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività), discontrollo degli impulsi e abuso di sostanze (Barbera & Mulè, 2010).
Negli ultimi anni c’è stato un picco di richieste di psicoterapia per i figli adolescenti da parte di genitori preoccupati dal ritiro sociale e dall’uso smodato di computer e smartphone. Il caso più estremo è quello degli hikkikomori, termine giapponese che definisce quei ragazzi o adulti che non escono più dalla loro stanza vivendo totalmente online.
Cosa può fare un genitore?
Bisogna ricostruire un ponte e per farlo si deve lavorare affinché l’adulto torni ad essere quella fonte di supporto autorevole che l’adolescente senta di poter usare al bisogno come rete di salvataggio. Questo gli permetterà di sperimentare i suoi limiti accrescendo la conoscenza e la fiducia in sé stesso.
Alcuni spunti pratici:
-Essere I primi ad utilizzare la tecnologia in maniera misurata e consapevole
-Pensare assieme all’adolescente ad attività “offline” che lo potrebbero interessare
-Stabilire dei momenti dedicati all’interazione reale ad esempio non usare gli smartphone durante i pasti.
-Usare la modalità di navigazione sicura (parental control) per evitare l’accesso a siti internet non adatti all’età,
Il fatto che questo basti è ovviamente una pia illusione, la ribellione adolescenziale porterà i ragazzi a deviare da queste regole. L’adolescente ha bisogno di testare i propri limiti per distaccarsi dalla dipendenza dall’adulto tipica dell’infanzia. Queste regole però permetteranno loro di interiorizzare un modello: la figura di un adulto che fa un uso consapevole della tecnologia, che li ascolta e cerca di capirli.
Un atteggiamento di opposizione totale alla tecnologia invece farà sentire l’adolescente attaccato e giudicato portandolo a chiudere il dialogo col genitore. La tecnologia è il frutto del progresso il quale porta cambiamento cosa che da sempre ha portato la generazione precedente a guardare con timore a quella più giovane. I social come tutte le innovazioni hanno cambiato le regole del gioco, ma sono dannosi solo se se ne fa un uso sbagliato.
Se si vede che le difficoltà del rapporto con i figli sembrano sormontare le forze dei genitori è il momento di trovare il coraggio e l’umiltà di chiedere aiuto a un professionista.
Un percorso di sostegno alla genitorialità ragionato in questo senso può essere un buon punto da cui ripartire alla ricerca del dialogo perduto.
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma
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Bibliografia e sitografia dell’articolo “Adolescenti iper-connessi: essere genitori nell’era dei social”
https://www.cambiare.me/la-ricerca-del-limite-disubbidire-per-crescere/
https://wearesocial.com/it/blog/2023/01/digital-2023-i-dati-globali
Barone, L. (2009). Manuale di psicologia dello sviluppo Bauman, Z. Intervista sull’identità. B. Vecchi (a cura di). Roma-Bari, Laterza, 2003.
Bowlby, J. (1989). Una base sicura: applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Cortina.
Cahn R. (1998). L’adolescente nella psicoanalisi. L’avventura della soggettivazione. Roma, Borla, 2000.
Cahn R. Una terza topica per l’adolescente? pubblicato in AeP Adolescenza e psicoanalisi. anno V, n. 1, pp.19-35, Roma, Magi, 2010.
Ferlino, L., Ravicchio, F., & Trentin, G. Playful Learning nell’apprendimento informale: il possibile ruolo delle Tecnologie Didattiche.
La Barbera, D., Mulè, A. (2010). Dipendenze tecnologiche e da Internet in adolescenza. Quaderni italiani di Psichiatria, 29(1), 3-8.
Pellai, A., & Tamborini, B. (2021). Vietato ai minori di 14 anni: sai davvero quando è il momento giusto per dare lo smartphone ai tuoi figli?. De Agostini.