Può capitarci di desiderare una relazione con qualcuno che non è interessato o disponibile. Succede a tutti indipendentemente da quale sia il nostro genere o orientamento sessuale.
Prendiamo ad esempio questa vignetta:
Conosciamo una persona X che ci fa capire di essere interessata a noi. X è una persona gentile, interessante e fisicamente non ci dispiace affatto. Nonostante abbia tutte le carte in regola per essere un buon partner non ci sentiamo attratti. Allo stesso tempo non riusciamo a smettere di pensare a Y.
Indipendentemente dal fatto che Y sia migliore o peggiore di X, due cose sono certe: non ricambia il nostro interesse/non sta cercando una relazione in questo momento. Nonostante ci abbia rifiutato più volte, non riusciamo a farcene una ragione e andare avanti. Più ci fa capire di non essere disponibile e più ci interessiamo.
Questo scenario sarà familiare a molti o si tratta di noi o di qualcuno che conosciamo. Viene da domandarsi cosa ci porti a ostinarci a desiderare ciò che non possiamo avere. Perché non scegliere ciò che, non solo è a portata, ma ha tutte le premesse per farci bene?
Questo cortocircuito mentale però non lo mettiamo in pratica sempre, altrimenti ci troveremmo di fronte a una problematica legata al masochismo. In altre situazioni ci adattiamo senza troppi problemi ad accettare una rinuncia o al fatto di non poter ottenere ciò che volgiamo.
Ad esempio possiamo aver desiderato di diventare una star di Hollywood o un famoso calciatore, ma aver fatto i conti con la realtà e accettato in maniera relativamente pacifica di orientarci verso mete più realistiche.
Cosa succede nel nostro cervello quando veniamo rifiutati?
La ricerca di Fisher e i colleghi (Fisher, 2010), ha mostrato come il nostro cervello reagisca a un rifiuto romantico attivando le aree del nostro cervello che controllano i meccanismi legati alla:
-Motivazione.
-Ricompensa.
-Dipendenza.
-Desideri (inteso come voglie).
L’attivazione di queste aree ha un ruolo importante nel favorire la dipendenza dal rifiuto.
Il team di Fischer ha sottoposto a scansioni MRI funzionali un gruppo di soggetti, (uomini e donne) in età universitaria, che avevano sperimentato da poco un rifiuto sentimentale pur dichiarandosi ancora molto innamorate.
Durante la scansione l’esperimento si divideva in 3 fasi:
- Ai soggetti viene mostrata una foto della persona che li ha rifiutati.
- Gli viene chiesto di risolvere un esercizio di matematica per distrarli dai pensieri romantici.
- Ai soggetti viene mostrata una foto di una persona conosciuta dalla quale non sono attratti.
Il risultato è stato che, quando guardavano la foto di chi li aveva rifiutati, il cervello dei soggetti si attivava nelle aree associate a motivazione, ricompensa, invidia, dipendenza, dolore fisico, angoscia e desiderio.
Questo tipo di attivazione è simile a quello riscontrato nelle dipendenze. In questo caso la sostanza d’abuso sarebbe però la persona che non corrisponde il nostro amore. Fisher dimostra che oltre agli elementi che rinforzano un comportamento come motivazione e ricompensa, anche angoscia e dolore dopo il rifiuto hanno un ruolo nello sviluppo di una simil-dipendenza.
Questo studio ci fornisce una risposta “meccanica”, ma non ci dà una motivazione ne spiegano come queste connessioni si siano create nel nostro cervello.
L’ipotesi del dolore:
Potremmo ipotizzare che si tratti di una risposta al dolore. In certi casi effettivamente abbiamo avuto un rapporto con la persona che desideriamo che si è interrotto dopo che abbiamo confessato i nostri sentimenti.
Il dolore e la mancanza per ciò che abbiamo perso e per i sogni infranti possono farci restare attaccati alla speranza che l’altro cambi idea o di poterlo convincere.
Per quanto possa essere una risposta, è molto situazionale. Ci sono infatti altre casi in cui non abbiamo perso nulla, perché non c’è stato neanche l’inizio di un rapporto. Eppure ci ritroviamo comunque perdutamente presi per qualcuno che non ci vuole e neanche ci ha mai voluto.
La scelta animale: il valore percepito
Altri puntano sulla teoria che, per quanto ci siamo evoluti, ci siano parti di noi che restano fondamentalmente animali. Applicata al nostro caso vedrebbe il dolore che proviamo quando non siamo ricambiati sentimentalmente, come un opporci al rifiuto sociale basato sull’evoluzione.
In natura la scelta evolutivamente più vantaggiosa è quella di accoppiarsi con il partner migliore. Noi umani abbiamo reso molto complessa questa selezione mettendo in gioco fattori, come i bisogni psicologici, che possono superare l’aspetto fisico o la stabilità economica.
In breve ci basiamo sul valore percepito dell’altra persona. Questo però è vero sia nel bene che nel male, quindi se l’altra persona non ci desidera allo stesso modo o non vuole avere relazioni, potremmo leggere questo come qualcosa di più difficile da ottenere e considerarlo automaticamente di maggior valore.
Lo stesso principio per cui riteniamo più desiderabile un diamante anche se non è più bello di uno zircone, ma solo più difficile da ottenere.
Cosa ci rende dipendenti da chi ci rifiuta?
Alcuni di noi hanno una personalità che tende alla dipendenza affettiva in maniera più o meno marcata. Per la quale è difficile accettare di dover rinunciare a una persona. Staccarsi può essere ostacolato da vari fattori, alcuni più superficiali ed evidenti come:
-Il tempo trascorso insieme e le esperienze condivise.
-Il sesso.
-I messaggi che ci si scambiava.
Altri più profondi come:
-Fantasie sul futuro insieme: se ci fissiamo su questo tipo di pensieri, il rifiuto può intensificarli. Perché trattandosi di una fantasia la possiamo difendere senza fare i conti con la realtà (in questo caso l’altra persona).
Questi pensieri si possono trasformare in ossessione, che è di per sé una sorta di dipendenza. La cronaca recente purtroppo ci ha portato diversi casi di femminicidio in cui vediamo come, nei casi di psicosi, si arriva a negare la realtà e a sentirsi giustificati ad avere condotte di stalking o addirittura all’omicidio.
La miniserie televisiva britannica Adolescence e quella americana Baby reeindeer ne affrontano alcuni aspetti.
-Stile di attaccamento: uno stile ansioso-preoccupato può essere alla base della nostra dipendenza dal rifiuto. Gli stili di attaccamento nell’adulto derivano dalla prima relazione affettiva significativa, quella con il caregiver e nel corso della vita hanno un impatto su tutti i nostri rapporti importanti.
Per quanto riguarda i rapporti sentimentali influenzano l’immagine che abbiamo di noi stessi e degli altri e il tipo di relazione di coppia che ricerchiamo.
Si tratta di una catena di eventi: lo stile di attaccamento insicuro-ambivalente in infanzia può portare in età adulta ad avere uno stile preoccupato nelle relazioni affettive e uno stile ansioso-preoccupato nella coppia che si riconosce dal fatto che:
- Abbiamo un’immagine negativa di noi stessi, ma positiva del partner.
- Non abbiamo fiducia e sicurezza.
- Abbiamo forte intimità, impulsività ed espressione emotiva.
- Possiamo trovarci in dinamiche di dipendenza affettiva.
Se ci ritroviamo in questa categoria tenderemo a cercare persone che ci faranno soffrire o che ci rifiuteranno direttamente.
Il tutto parte solitamente da dei genitori che ci hanno fatto sentire emotivamente rifiutati. Questo ha fatto sì che il rifiuto diventasse per noi una sensazione familiare.
I modelli di relazione che apprendiamo da piccoli sono quelli che poi tendiamo a replicare, perché agiamo ciò che ci è familiare. Nel caso di una storia di rifiuto, è probabile che finiremo per cercare situazioni in cui ritroveremo un rifiuto.
La nostra mente ignorerà la contraddizione data dal fatto che anche se sappiamo che cercare dolore e angoscia non è normale leggeremo comunque questi scenari come normali perché familiari.
Il rifiuto originario che abbiamo subito dai nostri genitori ci farà desiderare l’impossibile: cercheremo inconsciamente scenari simili, nella speranza di trovarvi una compensazione, quel riconoscimento emotivo che ci è mancato, trovando invece un inevitabile ripetersi della storia.
Come superare la dipendenza emotiva:
Abbiamo stabilito che neurobiologia, etologia e psicoanalisi concordano su un punto: tendiamo a costruirci o a venir forzati in dei pattern che tendiamo a ripetere all’infinito in maniera conscia o inconscia.
Quindi se ti ritrovi in quello che hai letto, capirai che le cose non si risolveranno se non sei tu a farci qualcosa. Quindi è arrivato il momento di prenderti la responsabilità della tua felicità e chiedere aiuto a un professionista specializzato.
Un percorso di psicoterapia ti aiuterà ad arrivare alle radici del problema e a capire come riprendere il controllo della tua vita sentimentale e riavviarti nel tuo percorso di soggettivazione (Cahn, 1998; 2010).
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma e San Giovanni Rotondo (FG)
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Bibliografia e sitografia dell’articolo “Perché voglio chi non mi vuole?”:
Cahn R. (1998). L’adolescente nella psicoanalisi. L’avventura della soggettivazione. Roma, Borla, 2000.
Cahn R. Una terza topica per l’adolescente? pubblicato in AeP Adolescenza e psicoanalisi. anno V, n. 1, pp.19-35, Roma, Magi, 2010.
Fisher H.E. et al.. Reward, Addiction, and Emotion Regulation Systems Associated With Rejection in Love, Journal of Neurophysiology, 2010.
Kelly A.J. et al., Social Dominance Orientation Predicts Heterosexual Men’s Adverse Reactions to Romantic Rejection,” Arch Sex Behav. 44, 2015, 903-919.
Romero-Canyas R. ,Downey G., “What I See When I Think It’s About Me,” Emotion 13, no. 1, 2013, 104-117.
Yttredahl A.A. et al., “Abnormal emotional and neural responses to romantic rejection and acceptance in depressed women,” Journal of Affective Disorders 234, 2018, 231-238.