Videogiochi violenti: possono far diventare i ragazzi più aggressivi?

Quando si parla di videogiochi e ragazzi si sente spesso dire che quelli a contenuto violento possano stimolare l’aggressività o rendere anestetizzati di fronte alla violenza. Se fosse esattamente così avremmo un bel problema considerato che nel mondo ci sono approssimativamente 2,3 miliardi di videogiocatori.

 

Evoluzione del rapporto tra ragazzi e videogiochi

Il primo videogioco fu messo sul mercato nel 1975, da allora si sono diffusi entrando nelle case di tutto il mondo. Sono andati evolvendosi seguendo il progresso tecnologico di computer e console.

Sono cambiati radicalmente dal punto di vista tecnico e d’interattività a quello del loro ruolo sociale. Siamo passati da videogiochi da giocare esclusivamente da soli a quelli di massa come i MMORPG (massively multiplayer online role-playing game).

Se prima la sala giochi era un luogo di ritrovo per giocare insieme poi lo sono diventate le singole case in cui ci si ritrovava per giocare insieme fino ad oggi in cui tramite internet si gioca in gruppi anche molto grandi, ma ognuno collegandosi da casa sua. Questo ha portato nei casi più estremi a patologie come quella dell’hikikomori. Il gioco oggi è più cooperativo che mai, ma allo stesso tempo più isolato.

 

Le prime ricerche: i videogiochi fanno male

La crescita esponenziale a livello mondiale nell’utilizzo dei videogiochi portò l’attenzione della ricerca sul tema. In particolare le paure dei genitori riguardo gli effetti negativi che questi potessero avere sui loro figli. Questo ha influenzato l’orientamento della prima ondata di ricerche.

Alcuni studi stavano facendo emergere i potenziali benefici dell’esperienza videoludica, ma vennero messi in ombra dal senso comune che si concentrava solo  sulle evidenze negative. Nacque così lo stereotipo che i videogiochi facessero male.

Queste paure erano alimentate da:

-Diffidenza verso le nuove tecnologie: questo era vero allora come oggi, basti pensare con quanta paura e ostilità stiamo accogliendo le intelligenze artificiali.

-Contenuto violento: che alimenta il timore che possano far diventare più aggressivo chi li usa (Griffiths, 1999).

Ci furono studi che trovarono conferma a questi timori: Hollingdale e Greitemeyer (2014) esaminarono gli effetti sui giocatori basandosi sulla percezione degli stessi della difficoltà e del divertimento. Ne dedussero che i videogiochi violenti aumentassero l’aggressività maggiormente rispetto ai videogiochi a contenuto neutro. Questo effetto però non si verificava se il gioco è online.

Anderson e Carnagey invece cercarono di spiegare la correlazione tra esperienza videoludica e aggressività attraverso due ipotesi opposte:

-lpotesi del contenuto violento:

  • Nel breve termine: i contenuti violenti aumentaerebbero almeno uno degli aspetti legati allo stato di agitazione interno del giocatore.
  • Nel lungo termine: aumentaerebbero l’accessibilità cronica alle strutture di conoscenza deputate all’aggressività.

-Ipotesi della competizione: i collegamenti tra videogiochi violenti e aggressività non dipendono dal contenuto, ma dal fatto che implicano competitività.

 

Le ricerche della seconda ondata: non è la violenza a fare male nei videogiochi

Ricercatori come Adachi e Willoughby (2011a) mostrarono come gli studi precedenti non avessero cercato di analizzare i videogiochi nel loro complesso, cercando eventuali altri effetti dannosi che potessero avere a che fare con l’aumento dell’aggressività nei giocatori.

I due autori trovarono che il videogioco va analizzato secondo quattro caratteristiche:

-La violenza.

-La competitività.

-La difficoltà.

-Il ritmo d’azione.

Queste andrebbero a stimolare:

-Eccitazione fisiologica.

-Pensieri aggressivi.

-Frustrazione.

Il comportamento aggressivo sarebbe dunque determinato dalla relazione tra le caratteristiche dei videogiochi e gli stati interni del giocatore. Questi risultati non si possono però applicare a tutti.

Le quattro caratteristiche dei videogiochi studiate dagli autori, influenzano soltanto quei videogiocatori sensibili a essi. Non solo competitività e violenza, ma qualsiasi input esterno viene elaborato e filtrato da ognuno di noi in maniera diversa in base alla nostra personalità ed esperienze personali.

Se prendiamo ad esempio la competitività in un videogioco, potrà far emergere i pensieri aggressivi solo in chi di noi ha già sperimentato situazioni competitive in passato che avevano prodotto esiti aggressivi. Senza questi legami associativi sviluppati prima non si verificherebbe (Anderson & Morrow, 1995; Anderson & Carnagey, 2009). Questo lascia spazio all’ipotesi che sia la persona che di base reagisce aggressivamente alle situazioni competitive e non il videogioco a stimolarla.

Adachi e Willoughby (2011b) In una ricerca successiva osservarono come il comportamento aggressivo subisse un incremento a breve termine indipendentemente dal fatto che fossero videogiochi violenti o meno.

Il fattore chiave era invece la competitività: tra tutti quelli utilizzati nella ricerca, i due videogiochi più competitivi utilizzati hanno prodotto i più alti livelli di comportamento aggressivo. Si trattava di Fuel, un gioco di corse d’auto adrenalinico e Mortal Kombat VS D.C. Universe, un picchiaduro o beatemup (gioco di combattimento uno contro uno o a squadre).

I due ricercatori (2011b) hanno dimostrato che è l’eccitazione fisiologica stimolata dalla competitività del videogioco a influenzare il comportamento aggressivo. Perché solo i giochi più competitivi hanno prodotto un aumento della frequenza cardiaca nei giocatori.

Sarebbe quindi la competizione quella caratteristica che influenza maggiormente il comportamento aggressivo, non la violenza e in ogni caso si tratterebbe di quell’aggressività apparente legata alla sfida che si osserva anche nelle competizioni sportive.

 

La visione moderna: i videogiochi possono fare bene

Con il tempo, ma soprattutto la ricerca, le paure originali sui videogiochi non sono sparite, ma di certo sono state messe quantomeno in dubbio. Da questo punto è partito un nuovo filone di ricerche che è andato a studiare se potevano esserci dei benefici.

Quel che è emerso è che i videogiochi hanno una caratteristica primaria in comune: quella di obbligare i giocatori a prendere decisioni, molto più della musica, delle serie o dei libri.

Se dall’esterno l’attività di un videogiocatore ci può sembrare solo un frenetico schiacciare pulsanti, cosa che può preoccuparci come genitori, in realtà è all’interno della mente che dovremmo guardare. Scopriremmo così come essa sia coinvolta in una continua sequenza di decisioni, elaborazione di strategie a lungo termine e previsione degli effetti della proprie azioni. Inoltre per migliorare nei videogiochi è spesso necessario aumentare le proprie abilità oculo-motorie, di coordinazione e di problem solving.

Per tornare un momento sui videogiochi violenti, da un punto di vista psicologico si è visto che possono avere un valore di valvola di sfogo per rabbia e frustrazione quotidiana. L’esatto opposto di ciò che si temeva, lo stesso discorso vale anche per altre cose ritenute legate alla promozione della violenza come la musica metal o le arti marziali.

Il punto comune fra le tre sta nella funzione di sublimazione della rabbia che hanno, perché permettono di sfogarla in un ambito sicuro e controllato.

 

I videogiochi possono educare

Abbiamo visto come giocare aumenti la predisposizione all’apprendimento di nuove abilità. Sfruttando questo beneficio sono nati gli edugames, videogiochi utilizzati per il training nelle:

-Università.

-Aziende.

-Settore militare.

-Settore Ospedaliero.

Sempre più ricerche (Griffiths, 2002; Desai et al., 2010) dimostrano come i bambini siano aiutati a sviluppare abilità percettivo-motorie e logiche grazie ai videogiochi, possono imparare materie scolastiche divertendosi attraverso un apprendimento ludico che è motivante e stimola il piacere nel costruirsi nuove conoscenze in gruppo.

La letteratura recente (Griffiths, 2002; Granic, Lobel, & Engels, 2014) è piena di esempi di videogiochi utilizzati per incrementare con successo le competenze:

-Linguistiche.

-Matematiche.

-Di lettura.

-Sociali.

Nell’ambito della disabilità si sono rivelati strumenti utili per aiutare bambini affetti da:

-Alcune forme di autismo.

-ADHD (deficit dell’attenzione/iperattività).

-DSA (disturbi specifici dell’apprendimento).

I videogiochi sono utilizzati anche per insegnare a bambini e adolescenti con patologie mediche come migliorare le proprie capacità di prendersi cura di sé.

In definitiva si è passati dal seguire paure che creavano pregiudizi a sfruttare il potenziale educativo dei videogiochi. La letteratura scientifica ha dimostrato ampiamente l’infondatezza di certe credenze e la possibilità di vedere nei videogiochi uno strumento per lo sviluppo di competenze psicologiche e educative.

 

Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma e San Giovanni Rotondo (FG)

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Bibliografia e sitografia dell’articolo “Videogiochi violenti: possono far diventare i ragazzi più aggressivi?”: 

Adachi, P. J., & Willoughby, T. (2011a). The effect of violent video games on aggression: Is it more than just the violence?. Aggression and violentbehavior, 16(1), 55-62.

Adachi, P. J., & Willoughby, T. (2011b). The effect of video game competition and violence on aggressive behavior: Which characteristic has the greatest influence?. Psychology of violence, 1(4), 259.

Anderson, C.A. & Bushman, B.J. (2002). “The Effects of Media Violence on Society”, Science, 295(5564), 2377-2379.

Anderson, C. A., &Carnagey, N. L. (2009). Causal effects of violent sports video games on aggression: Is it competitiveness or violent content?. Journal of Experimental Social Psychology, 45(4), 731-739.

Desai, R. A., Krishnan-Sarin, S., Cavallo, D., & Potenza, M. N. (2010). Video game playing in high school students: health correlates, gender differences and problematic gaming. Pediatrics, 126(6), e1414.

Ferguson, C.J. & Kilburn, J. (2010). “Much ado about nothing: The misestimation and overinterpretation of violent videogame effects in Eastern and Western nations: Comment on Anderson et al.”, Psychological Bulletin, 136(2), 174 – 178.

Granic, I., Lobel, A., & Engels, R. C. (2014). The benefits of playing video games. American psychologist, 69(1), 66. Aiutare l’esercizio di abilità sociali (Triberti, Villani & Riva, 2015; Triberti, Di Pasquale & Riva, 2018).

Griffiths, M. (1999). Violent video games and aggression: A review of the literature. Aggression and violentbehavior, 4(2), 203-212

Griffiths, M. D. (2002). The educational benefits of videogames. Education and health, 20(3), 47-51.

Hollingdale, J., & Greitemeyer, T. (2014). The effect of online violent video games on levels of aggression. PLoSone, 9(11), e111790.

Szycik G.R., Mohammadi, B., Münte, T.F., & te Wildt, B.T. (2017). “Lack of Evidence That Neural Empathic Responses Are Blunted in Excessive Users of Violent Video Games: An fMRI Study”. Frontiers in Psychology, 8: 174.

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