La perdita di una persona che ha avuto un ruolo nella nostra vita è un’esperienza che accomuna tutti gli esseri umani. Nel corso del tempo il modo di reagire emotivamente e razionalmente è rimasto abbastanza simile. Ciò che è cambiato sono i rituali e le modalità con le quali il lutto si fa un rito condiviso.
L’elemento che più ha cambiato la nostra società e il modo in cui ci relazioniamo è stato senza dubbio l’avvento dei social network. Ogni parte della nostra vita viene adesso fotografata e dopo un’accurata selezione dello scatto migliore, postata sul profilo.
Questa modalità di vivere e condividere fusi in una sola esperienza ha influenzato anche il modo di affrontare la morte. Il lutto, porta con sé vissuti che risultano simili a quelli della depressione, soprattutto nelle prime fasi della sua elaborazione.
Vivere un senso di isolamento rispetto agli altri e di estraniamento dalla realtà sono normali reazioni al lutto che ci fa sentire come se chi non ha subito la stessa perdita non possa capire come ci sentiamo. Per questa ragione si cerca la vicinanza delle persone alle quali siamo accomunati dalla perdita della persona cara.
Un tempo questo si limitava al rituale del funerale. Questo era visto come il momento catartico in cui riunirsi con chi aveva amato la persona in vita e fare assieme il primo passo verso un’elaborazione del lutto che sarebbe poi proseguita individualmente in privato.
Oggi il funerale è sì il primo passo, ma verso un percorso diverso. Prima si trattava di un percorso privato di introspezione in cui si ripensava a che ruolo avesse avuto la persona perduta nella nostra vita e come andare avanti senza di essa. Ora è un’elaborazione online dove tutte le emozioni vengono condivise, in una dimensione che resta collettiva. Questo fenomeno viene chiamato online mourning ovvero la trasformazione del lutto da evento privato a evento social.
Perché i social media hanno cambiato il percorso del lutto?
Attualmente la tecnologia fa parte di ogni aspetto delle nostre vite. Ad esempio lo smartphone è per molti il primo oggetto con cui si interagisce appena svegli e l’ultimo prima di addormentarsi.
I social media sono senza dubbio ciò che ci tiene più tempo online. Essi si muovono secondo la legge del mercato, ovvero andando ad espandersi dove c’è domanda.
L’ambito del lutto ne è un esempio: la persona che deve affrontare una perdita si trova di fronte a un duro lavoro di elaborazione che la tecnologia si è offerta di rendere meno impegnativo.
I vecchi rituali come le veglie funebri assieme ai parenti possono diventare commemorazioni online nelle quali il contatto con il dolore degli altri è reso più facile e filtrato dal fatto di viverlo attraverso uno schermo.
Il dolore di assistere in prima persona alla sofferenza degli altri e dar sfogo alla propria lascia il posto al ricevere commenti sotto un post che si può decidere se leggere o ignorare a seconda di chi li ha postati.
Si è passati da dover essere partecipi delle reazioni spontanee di ognuno difronte alla morte al poter selezionare a quali di queste prestare attenzione e come mostrare le proprie prima di premere “pubblica post”.
Questa modalità filtrata e filtrante offre il conforto e la sicurezza di poter editare anche questa esperienza come le foto delle vacanze, mostrando agli altri solo la parte che si desidera condividere.
Infine il mondo online permette un distacco attenuato perché la persona defunta continua ad avere una presenza online che ce la fa sentire ancora vicina. Ad esempio i suoi profili social continueranno a generare caroselli di immagini che verranno riproposte come “ricordi” a chi è ancora in vita. D’altronde l’algoritmo non fa distinzione tra i nostri follower in vita e quelli defunti.
Online mourning aiuto o ostacolo all’elaborazione del lutto?
I like danno un senso di piacere e riconoscimento fungendo da incentivo che spinge chi ha subito la perdita a continuare a postare contenuti sul defunto. Questo può essere un buono stimolo a esprimere il dolore cosa che, da un punto di vista psicologico, è un passo essenziale per poterlo elaborare pienamente.
Se questo può essere benefico per chi ha difficoltà a esprimere le proprie emozioni può invece essere dannoso per chi fa fatica lasciar andare il passato. I like e i commenti fungendo da continuo rinforzo positivo renderanno per questo tipo di persona ancora più difficile distaccarsi dal dolore della morte. Il risultato rischia di essere un lutto senza fine.
Postare contenuti riguardo alla propria sfera intima espone a un altro rischio: quello di essere giudicati da chiunque abbia accesso ai nostri profili social. Si può quindi ottenere l’effetto opposto rispetto al precedente, ovvero i commenti di haters che possono ferirci o farci arrabbiare rendendo ancora più doloroso il lutto. O ancora i nostri post possono non ottenere nessuna attenzione facendoci mancare il supporto della comunità che nella prima fase del lutto è importante.
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma
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