Negli ultimi anni è arrivata all’attenzione di tutti la necessità di prendersi cura dei ragazzi con disturbo dell’apprendimento. Se prima si sentiva etichettare molti ragazzi dicendo: “è svogliato” o “è intelligente, ma non si applica” adesso è chiaro che una larga porzione di loro ha bisogno di essere aiutato e non giudicato.
Questo tema sembra portare tutti ad una corsa all’azione: ASL, genitori, insegnati sembrano tutti focalizzarsi sull’aspetto funzionale e di potenziamento del profitto scolastico. Posto che il rendimento dello studente è importante, l’aspetto emotivo lo è quantomeno altrettanto e non parlo solo del vissuto del ragazzo, ma anche di chi lo circonda.
Tutto il nucleo familiare si sottopone ad uno stress non indifferente anche solo per completare il percorso diagnostico che porta alla certezza della diagnosi. Una volta concluso i genitori si trovano a ricevere una grande quantità d’informazioni pratiche sul da farsi che possono risultare difficili da recepire tutte assieme considerando anche lo stato emotivo di tensione che si aggiunge allo stress che spesso accompagna questi momenti.
Cosa succede dopo la diagnosi?
I genitori si porranno una serie di domande sul passato e sul futuro magari sentendosi in colpa per essere stati troppo duri col figlio non sapendo delle sue difficoltà oggettive o per il fatto di avere un figlio “difettoso”.
Il rischio qui è che l’attenzione resti focalizzata sui punti deboli e che questo porti a scelte basate sulle difficoltà anziché sul potenziale del ragazzo. Perciò è importante che non vengano lasciati soli a rispondere a queste domande, ma anzi accompagnati a capire che i disturbi dell’apprendimento se da una parte richiedono un modo diverso per apprendere dall’altra portano abilità che vanno solo indirizzate.
La plasticità del nostro cervello fa si che dove c’è una carenza ci sia uno sviluppo straordinario di altre capacità per compensarla. Un bambino che ha difficoltà nella lettura e scrittura è possibile ad esempio che sviluppi un’eccellente memoria visiva.
Garantire che i genitori ricevano le informazioni e il supporto emotivo giusto farà si che saranno più in grado di trasmettere al proprio figlio una visione serena del proprio modo di essere e un approccio privo di ansietà all’apprendimento.
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma
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