Chi soffre di insoddisfazione cronica non riesce a trovare appagamento e gioia per ciò che ha ottenuto con i propri sforzi. Si concentra invece su ciò che ancora non ha raggiunto o su ciò che gli manca da fare. Sembra come se per queste persone fosse possibile concedersi una tregua solo quando saranno arrivati all’obiettivo che si sono posti (spesso irraggiungibile), perdendo di fatto il piacere nel superare tutte le tappe che ci vogliono per arrivarci.
Una felicità irraggiungibile
Possedere gli elementi che renderebbero la persona media soddisfatta di sé non basta per chi si trova in questa condizione. Essere in buona salute, avere un buon posto di lavoro, una casa di proprietà, una relazione sentimentale stabile e molti amici.
Queste sono le condizioni che basterebbero alla maggior parte delle persone, chi soffre d’insoddisfazione cronica invece si sente comunque preso da una sensazione di mancanza, di incompiutezza. Questo genera un senso di vuoto costante che impedisce di sentirsi felici.
Manca quella capacità di provare gratitudine per ciò che si ha che è alla base dell’appagamento. Senza di questo avere un pensiero positivo verso la propria vita diventa difficile. Ci si proietta costantemente nel futuro senza godersi i risultati del presente e le tappe conquistate nel passato.
Non bisogna pensare però che essere insoddisfatti sia sempre sbagliato. Se si tratta di un sentimento temporaneo può trattarsi invece di un prezioso segnale che ci indica il bisogno di cambiare. L’insoddisfazione se non è cronica può essere quindi un motore evolutivo e una spinta a migliorarsi.
Il peso di vivere nella società liquida:
La società liquida (Bauman, 2003; Barone, 2009) dei social in cui siamo immersi promuove un’immagine legata all’essere perennemente giovani, al successo e alla popolarità. I social sono delle vetrine in cui si mette in mostra solo la merce migliore. Questo porta ad avere la sensazione che tutti intorno a noi siano sempre al loro meglio e solo noi siamo imperfetti.
La falsa idea che il successo possa arrivare senza fatica, impegno e sacrificio completa un quadro che se non preso criticamente può avere un forte effetto depressivo.
Si rischia di pensare che se non si è popolari non si può essere felici mentre la felicità sta nel trovare piacere e appagamento in ciò che facciamo, ciò che abbiamo ottenuto, ma soprattutto le persone che siamo.
Passare ogni giorno ore sui social, oltre che svagarsi, significa sottoporsi ad un bombardamento di stimoli per cui è necessario essere equipaggiati con un buon senso di sicurezza in sé e amor proprio.
I due tipi di insoddisfazione:
La ricerca in psicologia ha concluso che alla base di questo tipo di insoddisfazione ci sia la falsa credenza di poter essere perfetti sostenuta da una forte insicurezza e ansia. Questo porta a due tipologie di insoddisfatto:
-Il perfezionista ansioso: si concentra molto sul dovere e non si concede tregua finché non ha finito tutto quello che c’è “da fare”. Solitamente tende in questa maniera ad andare avanti fino a sfinirsi. Il risultato è non fermarsi mai a notare quanta strada si ha fatto fissandosi su quella ancora da fare, in uno stato di ansia perenne.
-Il cercatore di approvazione: tende a minimizzare i propri traguardi per potersi lamentare e cercare conforto. Il rischio, in questo caso, è di passare la vita in uno stato di amarezza inconsolabile.
I 10 segnali per riconoscere l’insoddisfazione cronica:
I sintomi più comuni sono:
1 Un circolo vizioso di frustrazione e delusione: se nessun risultato o traguardo è mai la meta finale ogni cosa che si ottiene è una delusione perché non combacia con l’ideale che si ha in mente.
2 Perfezionismo: il bisogno di raggiungere la perfezione si manifesta non solo nei grandi obiettivi o nell’immagine di sé, ma anche nelle piccole cose come organizzare i vestiti in un mobile.
Questo può portare la persona a fare e rifare la stessa cosa senza mai raggiungere il risultato desiderato. A questo segue un senso di frustrazione e blocco. Nei casi più gravi si può arrivare a evitare tutto ciò che è nuovo per paura di ottenere scarsi risultati.
3 obiettivi irrealistici: pensare di poter raggiungere la perfezione o di poter fare tutto ciò che ci si è prefissati prima di concedersi una pausa sono idee irrealizzabili. Queste sono motivate dalla difficoltà a fissare obiettivi alla propria portata e a valutare le risorse che si hanno da spendere.
4 Essere duri con sé e con gli altri: applicare standard impossibili a se stessi porta a essere intolleranti verso chi ne ha di più “bassi”. Accettare che il modo di fare le cose degli altri possa essere migliore del proprio richiede di mettere in discussione tutto il proprio sistema di credenze. Questo viene evitato perché manderebbe la persona in crisi ritrovandosi a perdere i propri punti di riferimento.
Il loro essere ipercritici rende faticoso interagire con queste persone cosa che porta gli altri ad allontanarsi o a sviluppare risentimento se non possono farlo (colleghi di ufficio o famigliari).
5 Lamentarsi di continuo: lamentarsi è di base un segno d’insoddisfazione, chi lo fa molto spesso testimonia come si sente nei confronti della propria vita. Tende a vedere il lato negativo, a notare subito difetti e imperfezioni e a essere intransigente con se stesso e con gli altri.
6 Rifiutare i complimenti: quando si riceve un complimento sincero per i traguardi raggiunti lo si prende con imbarazzo, screditandolo come esagerato o non vero. Se anche si riconosce razionalmente di aver fatto parte del percorso il fatto di non essere alla meta impedirà di godersene la soddisfazione e trarne forza per raggiungere l’obiettivo.
7 Paura di fallire: Il fallimento se viene preso come una lezione sui propri limiti può essere lo strumento per capire dove migliorare e arrivare al successo. Per l’insoddisfatto cronico il fallimento è un dramma che può spesso diventare un trauma che impedisce di riprovare a mettersi in gioco.
8 Insoddisfazione ossessiva: L’insoddisfazione genera ansia costante, questa può far si che prenda le caratteristiche del pensiero ossessivo. In questo caso la vita della persona tenderà a essere totalizzata dalla ricerca di una soddisfazione irraggiungibile.
9 Incapacità a trasmettere le proprie aspettative: c’è una certa difficoltà nel comunicare chiaramente agli altri cosa ci si aspetta e si pensa invece che gli altri lo debbano capire da soli.. Questo porta facilmente al conflitto perché la persona con cui ci si rapporta non capisce cosa ci si aspetti da lei o perché venga rimproverata.
10 Felicità condizionata dall’ideale: la felicità diventa irraggiungibile perché si vuole sempre qualcosa di più e fatto meglio. Ci sarà sempre un nuovo obiettivo da raggiungere che va a sostituire il precedente diventato ora una versione inadeguata.
In generale ci si trova in uno stato di blocco sia che si rincorra un traguardo impossibile sia che si cerchi di esaurire tutte le “cose da fare”. Questo perché in entrambi i casi è uno sforzo senza fine.
Si finisce in un circolo vizioso di insoddisfazione e di sensazione di essere sempre allo stesso punto: lontani dalla meta. Il rischio che l’ansia e l’insoddisfazione costante distruggano l’autostima fa si che si possa finire per entrare in depressione.
Quali sono le cause dell’insoddisfazione cronica?
Il conflitto tra ciò che si desidera e ciò che si ha sta alla base di questa problematica psichica. Ci possono essere diverse cause che la possono spiegare, le più ricorrenti sono:
-Educazione rigida: se si cresce con l’idea che l’amore sia condizionato dai risultati ottenuti si finirà per far dipendere la propria immagine di sé da ciò che si riesce a fare. Si finisce così in una costante ricerca di approvazione.
-Contesto educativo competitivo: venire educati alla competizione dai genitori o spinti ad essa dall’ambiente può portare a una ricerca continua di nuove sfide senza trovare nessuna che sia veramente stimolante.
-Pressione sociale: un approccio acritico ai modelli proposti dalla società può portare a desiderare di essere come questi personaggi famosi che sembrano essere riusciti ad avere tutto e raggiungere la felicità senza sforzo, fallimenti o giornate storte.
L’insoddisfazione positiva:
L’insoddisfazione di cui abbiamo parlato finora è una forza che paralizza o toglie la possibilità di essere felici, ma non deve essere per forza così.
L’insoddisfazione per il proprio posto di lavoro, per una relazione disfunzionale o per come ci si è comportati in una determinata situazione può essere uno strumento evolutivo. Deve però essere mossa da quell’amor proprio che ci spinge a non accontentarci di ciò che non ci rende felici o da quella sana autocritica che porta a fare di sé una persona migliore mettendosi in discussione di tanto in tanto.
La parola d’ordine è sempre la stessa: “misura”, perché anche una cosa positiva portata all’eccesso diventa dannosa.
Come distinguere l’insoddisfazione evolutiva da quella dannosa:
Quando ci si sente insoddisfatti è bene:
-Domandarsi a quale bisogno risponde questo sentimento.
-Notare se succede di continuo o se è legato ad un momento specifico.
-Vedere se ci porta avanti o ci blocca.
Come vincere l’insoddisfazione cronica:
Se ti riconosci in quello che hai letto, ma non ti senti ancora pronto a intraprendere una psicoterapia puoi provare a mettere in pratica questi suggerimenti:
-Stabilire obiettivi realistici: senza fare confronti con le scelte di vita e i percorsi degli altri scegli traguardi che senti di poter raggiungere con le tue capacità e che non vadano contro i tuoi valori personali.
-Gratitudine: ogni tanto fermati a pensare alle cose che ti senti grato di avere. Ti sarà utile per renderti conto e valutare ciò che c’è di buono nella tua vita.
-Guardare indietro per andare avanti: apprezzare tutta la strada che si è riusciti a fare fino ad ora rende più leggero il percorso, allena la consapevolezza di sé e rinforza l’autostima.
-Attenzione focalizzata sul presente: guardarsi indietro fa capire quanto si è realizzato, ma è importante anche vivere nel presente. Chi pensa sempre agli errori del passato e a quel che dovrà affrontare nel futuro finisce per essere preda dell’ansia.
-Non fissarsi su come si appare: essere popolari non vuol dire sentirsi amati e visti per chi si è realmente. Concentrarsi su aspetto fisico e like distoglie dal vedere chi ci apprezza per come siamo, difetti compresi.
Vivere nel momento significa pensare a ciò che si sta facendo e come ci fa sentire. Questo aiuta a godersi i momenti positivi quando capitano e ad aumentarne l’effetto benefico sul nostro equilibrio mentale.
Se ti rendi conto di non farcela da solo è il momento di prenderti la responsabilità della tua felicità e chiedere aiuto a un professionista specializzato.
Uno psicoterapeuta saprà accompagnarti a scoprire le origini della tua insoddisfazione, in questo modo potrai aprirti a un modo meno faticoso e più sereno di guardare alla tua vita.
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma
Tutto ciò che è riportato su di questo sito web, documentazione, contenuti, testi, immagini, il logo, il lavoro artistico e la grafica sono di proprietà di Ariele Di Gioacchino, sono protetti dal diritto d’autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiare, appropriarsi, ridistribuire, riprodurre qualsiasi frase, contento o immagine presente su di questo sito perché frutto del lavoro e dell’intelletto dell’autore stesso. Solo le illustrazioni sono state prese sul web, nello specifico dal sito Canva.
È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma.
È vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini non autorizzata espressamente dall’autore.
Bibliografia e sitografia dell’articolo: “Insoddisfazione cronica: che cos’è e come la si può superare”
Barone, L. (2009). Manuale di psicologia dello sviluppo Bauman, Z. Intervista sull’identità. B. Vecchi (a cura di). Roma-Bari, Laterza, 2003.
Kini, P., Wong, J., Mcinnis, S., Gabbana, N., Brown, J.W. (2016).The effects of gratitude expression on neural activity, NeuroImage 128.