Il fenomeno sociale delle “Baby Gang” non è affatto nuovo, ma è diventato virale negli ultimi anni. Tanto che tutti hanno un’idea di cosa sia e un’opinione al riguardo. Solitamente viene definito come un gruppo di ragazzi (preadolescenti o adolescenti) che decide di commettere crimini. La realtà è, come sempre, molto più complessa.
Questo fenomeno ha portato in cima alle emergenze sociali le nuove forme di marginalità e di povertà educativa. Perché viste come possibili cause dei fenomeni di devianza e criminalità che coinvolgono i giovanissimi.
Il fenomeno delle baby gang si affianca alla diffusione del cyber-bullismo in un quadro di attacchi che colpiscono coetanei o adulti fragili che mette in allerta il mondo adulto (Iavarone M. L., 2019).
I crimini più frequenti sono:
-Atti violenti: risse, percosse e lesioni.
-Bullismo e cyber-bullismo.
-Disturbo della quiete pubblica.
-Atti vandalici.
-Furti e rapine.
Il quadro comune che si ricava da questi fatti di cronaca è quello di giovani apparentemente incapaci di valutare il rischio, la gravità e le conseguenze delle loro azioni, ma soprattutto di provare empatia per le vittime.
Baby gang, branco e banda criminale, quali sono le differenze?
Innanzitutto è importante capire cosa separa una baby gang da una banda legata alla criminalità organizzata:
-Pochi membri.
-Scarsa strutturazione interna: c’è un capo, ma non una piramide gerarchica. I membri del gruppo possono andare e venire.
-Crimini e violenze non premeditate: nascono come decisioni sul momento, senza pianificare o organizzare prima.
-Provenienza eterogenea: i ragazzi spesso vengono da classi sociali varie e famiglie molto diverse le une dalle altre.
-Uniti dal disagio: il punto d’unione è un forte disagio emotivo e sociale e non l’affiliazione a un’organizzazione criminale.
Principali tipi di baby gang:
ll “1° Rapporto sulla Devianza Minorile in Italia” (Mastropasqua, Pagliaroli, Totaro, 2008) divide le Baby Gang in base ai suoi componenti:
-Ragazzi che mostrano “malessere del benessere”:
- Ceto medio-alto.
- Altamente scolarizzati.
- Non hanno problemi economici.
- Forti carenze affettive e relazionali.
- Commettono reati per ottenere beni effimeri (cellulari, vestiti, accessori) e violenze di gruppo (aggressioni e stupri).
- I reati rispecchiano il loro bisogno di comunicazione, di autoaffermazione, di sentirsi visti dai pari e soprattutto dalle figure di riferimento.
-Ragazzi che vivono in contesti economici e sociali problematici:
- Condizione di povertà economica e sociale.
- Scolarizzazione minima.
- Vivono in zone periferiche: si tratta di aree mal gestite dal comune, che per contrasto creano una forte identità legata alla marginalità.
-Ragazzi con problematiche di espressione di sé e di comunicazione con i genitori:
- Possono venire da ogni contesto socio-economico.
- I genitori hanno gestito la crisi adolescenziale con un atteggiamento distante e improntato al giudizio. Spesso mettendosi in un rapporto di completa simmetria con i figli facendo mancare così una figura di riferimento e supporto emotivo e la possibilità di sentirsi visti per ciò che sono.
- Frustrazione che diventa rabbia: sentirsi incompresi genera una forte rabbia che viene sfogata fuori di casa attraverso il branco che fa da facilitatore.
- Incapacità a rappresentare un senso di sé: dovuta all’assenza di mentalizzazione e rispecchiamento. Questo porta a una disregolazione sul piano emotivo e disorganizzazione nella costruzione della personalità (Liotti, 2005; Panksepp & Biven, 2012; Bateman & Fonagy, 2010).
Le bande possono essere ulteriormente divise (Ponti, 2008) in base alle condotte devianti che mettono in atto:
-Bande criminali specializzate: sono ragazzi che operano in un ambito specifico e si aiutano a diventare sempre più abili e progredire nella sottocultura criminale. Più frequentemente sono coinvolti in: furto o borseggio, truffa, estorsione intimidatoria di denaro o sfruttamento della prostituzione.
-Bande legate da violenza e vandalismo: sono uniti dal desiderio di attaccare e distruggere ciò che simboleggia quella ricchezza e successo che gli è negata dalla società e da cui si sentono ingiustamente esclusi.
-Bande astensioniste: si ritirano dalle sfide evolutive perché sentono di non essere in grado di tollerare la frustrazione legata alla loro condizione di vita. L’abuso di droghe e alcol diventa il loro collante e la loro unica strategia per anestetizzare la sofferenza (Libet, Sassaroli, Caselli & Ruggiero, 2016).
Ovviamente queste non devono essere prese come categorie rigide. In ciascun tipo possono esserci elementi di uno degli altri senza però essere l’elemento aggregante.
Perché i ragazzi cercano il branco:
Parliamo di ragazzi sempre più soli, spesso non perché abbandonati, ma perché non riescono a comunicare i loro problemi a genitori e amici finendo per trasformare in azione il proprio disagio.
Il branco ha una forte attrattiva su di loro in quanto offre un rifugio pieno di pari, altri ragazzi con gli stessi problemi da cui si sentono finalmente capiti e accolti. Allora sarà più facile accettare di commettere crimini, che da soli non farebbero, pur di guadagnarsi appartenenza e “rispetto” all’interno del gruppo.
Il branco fa leva su i bisogni relazionali, sociali e psicologici dei suoi membri. I quali sono solitamente adolescenti e in quanto tali sono desiderosi di crearsi un’identità separata dai genitori e di sentirsi parte di un gruppo.
Il senso di appartenenza è una cosa positiva in quanto sostiene la crescita dando protezione e sicurezza. Il problema è quando questo va anche a riempire quel senso di solitudine che deriva dal non sentirsi capiti e sostenuti a casa.
Ecco che la normale ribellione adolescenziale esce fuori dal semplice testare i limiti della società e del proprio nuovo corpo sessuato e diventa predominante l’aspetto ludico e la scarica di adrenalina che si ricava dal rompere le regole sociali e spesso la legge.
Fattori che spingono i ragazzi a entrare in una gang giovanile:
Si tratta sempre di un intreccio di fattori fra cui i più frequenti sono:
-Rapporti problematici con le famiglie.
-Rapporti problematici con i pari.
-Rapporto conflittuale con il sistema scolastico.
-Difficoltà nelle relazioni e nell’inclusione nel tessuto sociale.
-Disagio sociale e/o economico.
Il ruolo dei social:
I social costituiscono un fattore a parte. Facilitano cyber-bullismo ed estorsioni tramite ricatto, amplificano la portata di alcune azioni rendendole indelebili (si pensi alle foto intime diffuse senza consenso o ai video di aggressioni). Per quanto riguarda il gruppo aiutano a rafforzarne l’identità e con l’aumentare della popolarità possono generare processi di emulazione.
Cosa è cambiato?
Nell’ultimo decennio qualcosa è cambiato rispetto al passato: le condotte devianti sono diventate più crudeli e le aggressioni motivate da violenza gratuita o motivi futili (Savona et al. 2022). Come abbiamo visto le ragioni per formare una baby gang sono molteplici (Prina, 2019).
A mio avviso le problematiche nascono da:
-Un’interruzione della comunicazione dentro e fuori la famiglia.
-Il territorio e le istituzioni da cui i ragazzi si sentono condannati a non avere un futuro.
-Le istituzioni scolastiche, che etichettano i ragazzi come irrecuperabili causando l’abbandono degli studi. Con il risultato di avere bassi livelli d’istruzione e poche speranze e ambizioni per il futuro fattori che li rendono facilmente manipolabili da leader carismatici.
Il fattore adolescente:
L’adolescenza è una fase della vita di per sé caratterizzata da criticità che i ragazzi devono affrontare: la separazione dalla dipendenza dai genitori, un corpo in rapido cambiamento che sta diventando sessuato e la ricerca della propria identità. Sono queste le basi sulle quali costruiranno la loro personalità. Secondo Eysenck (1990) i fattori che rendono un adolescente vulnerabile a sviluppare condotte criminali o devianti sono una forte presenza di:
-Estroversione: intesa come ricerca di rapporti sociali e sensazioni nuove e intense (sensations seekers).
-Nevroticismo: ragazzi spesso preoccupati che tendono a sbalzi d’umore.
-Psicoticismo: ragazzi aggressivi, violenti, egoisti, impulsivi e che non riescono a prendersi la responsabilità delle proprie azioni.
Il disturbo antisociale di personalità:
Nei casi più gravi fattori predisponenti nell’ambiente ed esperienze di vita traumatiche precoci (Seung, 2012) possono portare a sviluppare un disturbo antisociale di personalità.
Il DSM-5-TR lo definisce come: “un pattern pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri, che inizia nell’infanzia o nella prima adolescenza e continua nell’età adulta” (DSM-5-TR, 2023 p.763).
Altre caratteristiche fondamentali sono: l’incapacità a conformarsi alle norme sociali, tendenza a mentire e manipolare, prendere decisioni senza ragionare su rischi e conseguenze per le quali provano poco o nessun rimorso.
I comportamenti antisociali e illegali sono un modo di far venire fuori il loro disagio per il quale non hanno trovato ascolto. Sono un modo per farsi accettare e stimare dai membri della gang e acquisire quel senso di appartenenza di cui hanno bisogno per compensare carenze identitarie e affettive. Le emozioni forti che ne derivano li distraggono dal dolore della solitudine e marginalità alle quali si sentono condannati.
Cosa si può fare?
Gli interventi di tipo repressivo e sanzionatorio non sono efficaci. Bisogna invece intervenire facendo collaborare scuola, famiglia e istituzioni coordinati da psicoterapeuti esperti. Gli obiettivi devono essere quelli di permettere ai gioviani di uscire dalla marginalità trovando un’alternativa alla criminalità, di ripristinare il dialogo genitori-figli, di formare gli insegnanti a riconoscere, capire e segnalare il disagio. Servono luoghi di aggregazione giovanile che possano fornire un’alternativa valida e attraente alla strada.
Cercare il “colpevole” da punire tra i ragazzi, i genitori o gli insegnanti, non fa altro che peggiorare la situazione. Bisogna investire su tutti gli adulti significativi, che fanno parte del mondo del minore, rendendoli sempre consapevoli, responsabili, ma soprattutto coinvolti nel prestare attenzione alle richieste di aiuto che spesso precedono le condotte devianti e che solo poi diventano le condotte stesse (Iavarone, M. L., 2019).
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma e San Giovanni Rotondo (FG)
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Bibliografia e sitografia dell’articolo “Baby gang: come i ragazzi finiscono nel branco”:
Allport, G.W. (1961). Pattern and Growth in personality. Henry Holt.
American Psychiatric Association: Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th ed, Text Revision (DSM-5-TR). Washington, DC, American Psychiatric Association, 2022, pp 748-752.
Bateman, A. & Fonagy, P. (2010). Guida pratica al trattamento basato sulla mentalizzazione. Milano, Raffaello Cortina.
Censis (2007). Rapporto sulla situazione sociale del Paese 2007
Eysenck, H. J. (1990). Biological dimensions of personality. In L. A. Pervin (Ed.), Handbook of personality: Theory and research (pp. 244-276). New York: Guilford.
Iavarone, M. L. (2019). EDITORIALE/Curare i margini. Riprendersi il senso dell’educazione per prevenire il rischio. Annali online della Didattica e della Formazione Docente, 11(18), 1-5.
Iavarone, M. L., e Girardi, F. (2018). Povertà educativa e rischio minorile: fenomenologia di un crimine sociale. Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata, 4(3), 23-44.
Liotti, G. (2005). La dimensione interpersonale della coscienza. Roma: Carocci Ed.
Mastropasqua, I., Pagliaroli, T., Totaro, M.S. (2008). I numeri pensati. 1° Rapporto sulla devianza minorile in Italia. Gangemi.
Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Quinta edizione, DSM-5 TR. Raffaello Cortina Editore, Milano, 2023.
Panksepp, J. & Biven, L. (2014). Archeologia della mente. Origini neuroevolutive delel emozioni umane. Milano, Raffaello Cortina.
Ponti, G. e Merzagova Betsos, I. (2008). Compedio di criminologia (Quinta edizione). Milano: Raffaello Cortina Editore.
Prina F. (2019), Gang giovanili: perché nascono, chi ne fa parte, come intervenire, il Mulino, Bologna.
Savona, E. U., Dugato, M., & Edoardo, V. (2022). Le Gang Giovanili in Italia. Transcrime.
Seung, S. (2012). Connettoma. La nuova geografia della mente. Torino: Codice Ed.
Tajfel, H., & Turner, J. C. (1979). An integrative theory of intergroup conflict. The social psychology of intergroup relations, 33, 47.