La maturità emotiva è quella capacità di vivere pienamente stati emotivi e relazioni, piacevoli e spiacevoli, traendone il massimo. Se la vogliamo capire però, è bene partire dalle emozioni, poiché esse sono:
-Un fenomeno complesso: sono il prodotto dell’interazione tra uno stato mentale e la risposta del corpo ad esso.
-La rottura di un equilibrio: si tratta di un cambiamento veloce e intenso della calma.
-Momentanee: emergono, fanno il loro corso e poi svaniscono senza darci la possibilità di abituarci a esse.
Adesso forse è più facile capire perché confrontarci con la nostra emotività e quella degli altri richieda un percorso di maturazione. Si tratta di un processo evolutivo che va avanti tutta la vita, ma possiamo dire di aver raggiunto un buon livello quando riusciamo a gestire:
-La natura doppia mente-corpo che le emozioni hanno.
-Il fatto che ci trasformino.
-Il fatto che non durino né abbiano per forza coerenza nel tempo.
Che cos’è la maturità emotiva?
In termini più pratici è quell’abilità che ci permette di interagire in maniera efficace con gli altri facendo capire le nostre emozioni e le nostre esigenze. Vuol dire riuscire a stare in contatto, farci carico ed esprimere le emozioni.
Chi di noi è emotivamente immaturo, spesso sa cosa vuole, ma non riesce a esprimersi o comportarsi in modo da trasmetterlo. Questo porta a essere insoddisfatti, frustrati o arrabbiati perché non ci sentiamo capiti e non otteniamo quel che vorremmo. Questo vale sia al livello personale sia nel rapporto con gli altri.
Avere una buona maturità emotiva, infatti, ci permette di viverci le nostre emozioni senza sentirci sopraffatti da esse, senza bisogno di sopprimerle, perché riusciamo a integrarle bene nel nostro quotidiano.
Da dove nasce la maturità emotiva?
Da bambini esploriamo il mondo guidati dai nostri genitori. Sono loro a darci le basi su cui poi costruiremo il nostro rapporto con le emozioni. I vissuti emotivi del bambino devono essere riconosciuti dal genitore o caregiver che li elabora tramite la sua mente e li può restituire dandogli un senso.
Questo è fondamentale affinché le emozioni non siano vissute come confuse, pericolose o esplosive. Ad esempio così la gioia diventa una bella esperienza e non eccitazione incontrollabile, la rabbia una reazione normale a stimoli avversi invece che un elemento distruttivo e spaventoso.
Queste sono le basi per viversi le emozioni senza timore, esplorarle e conoscerle sempre meglio in un circolo virtuoso, che favorisce una crescita maturativa.
Come si riconosce una persona emotivamente matura?
Ci sono alcuni tratti comuni a chi ha raggiunto un buon livello di maturità emotiva:
-Conoscere se stessi: riconosciamo e sappiamo dare un nome alle emozioni che proviamo. Questo è il primo elemento necessario a gestirle anziché farsi dominare da esse.
-Non avere paura: viviamo a pieno le emozioni senza reprimerle, controllarle ossessivamente o evitare quelle spiacevoli.
-Sapersi fermare: riusciamo sostare con le nostre emozioni, dare loro la possibilità di esprimersi per il tempo giusto.
-Vivere la complessità: sappiamo vivere e integrare gli aspetti mentali e fisici delle emozioni. Non cadiamo negli eccessi di farne un’esperienza tutta mentale o troppo fisica come nel caso della somatizzazione.
-Saper stare da soli e in compagnia: ci sono vissuti emotivi che richiedono di ritirarsi in se stessi a riflettere e altri che hanno bisogno di essere condivisi. Siamo capaci di vivere liberamente le emozioni in entrambe le dimensioni senza finire in eccessi come il ritiro sociale o l’oversharing.
-Impara dall’esperienza: accogliamo anche le emozioni negative come uno strumento per crescere e capire i nostri errori o ciò che ci fa stare male.
Cosa posso fare per maturare emotivamente?
Il processo di maturazione emotiva è un lavoro su noi stessi di continua rifinitura che ci porta a scoprire sempre più sfumature del nostro sentire. Possiamo provare ad aiutare questo processo:
-Sviluppando il vocabolario emotivo: prestare attenzione al nostro stato emotivo ci aiuterà a imparare a riconoscere e nominare le emozioni che stiamo provando . In questo modo eviteremo di viverle in maniera confusa e passiva o di farci dominare da esse. Arriviamo così a essere i soggetti, anziché gli oggetti, delle nostre emozioni.
-Riconoscendo i nostri limiti: accettare di avere dei difetti e di commettere errori ci aiuta a sviluppare la nostra autocompassione. Assumerci le nostre responsabilità ci aiuterà a tollerare meglio le frustrazioni e a bilanciarle.
-Abbandonando il perfezionismo: la perfezione è un ideale, è per definizione irraggiungibile. Cercare di essere la migliore versione di noi stessi è positivo, ma con la consapevolezza che, per quanto ci sforziamo, a un certo punto raggiungeremo il limite del nostro potenziale.
-Accettando i nostri bisogni: a nessuno piace avere pensieri o sentimenti negativi, ma fanno parte di noi così come i bisogni che li generano. Cercare di reprimerli non fa altro che rafforzarli, hanno bisogno invece di essere pensati, contestualizzati e capiti. In questo modo potremo integrare quella parte di noi che non ci piace.
-Mettendo dei paletti: essere consapevoli delle nostre emozioni significa anche farle rispettare e rispettare quelle degli altri. Per questo è importante stabilire dei confini chiari e limitare la possibilità di venire feriti e ferire.
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma e San Giovanni Rotondo (FG)
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