Il termine desiderabilità sociale nasce per definire quell’errore di misurazione nei sondaggi dovuto a risposte false date per risultare più “normali”, si tratta di una manifestazione della paura di essere un “diverso” che ci porta ad adeguarci a ciò che pensiamo ci si aspetti da noi.
I sondaggi non sono affatto l’unico ambito in cui questo timore si manifesta ed influenza il nostro comportamento. Quotidianamente ci troviamo a confrontarci con le norme e le aspettative sociali che il nostro ambiente ci impone.
Come ci confrontiamo con esse dipende dalla nostra personalità e dall’educazione genitoriale che abbiamo ricevuto. Ad esempio arrivare in ufficio/scuola in orario oppure sempre leggermente in ritardo, lavarsi tutti i giorni o meno frequentemente, essere gentili ed educati con il prossimo o solo con chi ha una posizione di potere rispetto a noi.
La desiderabilità sociale è la misura di quanto orientiamo il nostro comportamento per cercare di adeguarci a ciò che pensiamo gli altri si aspettino da noi. Entro una certa misura questo è nient’altro che la base della società civile nel senso che è ciò che fa sì che non ci comportiamo basandoci esclusivamente sui nostri desideri, ma teniamo conto del nostro ambiente interpersonale.
Quando il bisogno di adeguarsi alle aspettative altrui diventa pervasivo si corre il rischio di sacrificare una parte troppo grande del nostro vero Sé per compiacere gli altri e sfuggire alla paura di sentirsi giudicati. Si viene così ad instaurare quello che Winnicott chiama un falso Sé (Winnicott, 1971) ovvero un’immagine costruita con la quale ci presentiamo agli altri per proteggere la parte più vera e fragile di noi stessi.
Questo tipo di reazione difensiva trae forza dall’insicurezza che genera ansia quando ci confrontiamo con gli altri per il timore che ci ritengano inadeguati, strani o in altro modo indesiderabili. Più la persona con cui ci si relaziona è importante per noi più forte sarà l’attivazione dell’ansia e lontano dal nostro vero Sé il comportamento. Ciò che rende drammatico tutto questo è che molto spesso quello che si immagina gli altri si aspettino da noi non è affatto così rigido come la nostra ansia ci può suggerire e anzi si finisce per risultare poco spontanei se non banali.
Una vita sottomessa alle aspettative degli altri che sono nella nostra mente ci allontana dalla felicità, appiattisce le nostre vite e ci priva della possibilità di essere noi stessi e farci apprezzare per questo. Se ci si rende conto di non farcela a liberarsi da questi timori e a sperimentarsi in maniera più sincera con gli altri potrebbe essere il momento di pensare ad un percorso di psicoterapia. Un professionista saprà aiutarti a trovare gli strumenti dentro di te per affrontare queste paure e prenderti la responsabilità della tua felicità.
Articolo a cura del Dott. Ariele Di Gioacchino – Psicologo e Psicoterapeuta a Roma
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Bibliografia e sitografia dell’articolo “Come tu mi vuoi – la desiderabilità sociale”:
Winnicott D. W. (1971). Gioco e realtà. Fabbri Editore: Milano.
https://www.stateofmind.it/2017/04/winnicott-vero-se-falso-se-uso-oggetto/